Recuperare la sessualità dopo il tumore: risposte alle domande tabù

Come fare? Cosa dire e cosa è meglio evitare?

 Una diagnosi di tumore «interrompe» la vita delle persone in molti modi, inclusa l’intimità. Sebbene i rapporti sessuali non siano il primo pensiero dei pazienti e dei loro partner, soprattutto alla luce del numero di guarigioni in continua crescita anche in Italia, è fondamentale prestare attenzione anche a questo aspetto per un pieno recupero delle qualità di vita delle persone. Come fare? Cosa dire e cosa è meglio evitare?

Lo studio: problemi nell’intimità ancora trascurati

Da uno studio recentemente pubblicato dall’Università di Houston sulla rivista Cancer è emerso che oltre la metà delle persone curate in giovane età per un tumore ammette di avere problemi sessuali anche due anni dopo la fine delle terapie. «Dai dati che abbiamo raccolto su oltre un centinaio di pazienti, tra i 18 e i 39 anni – spiega Chiara Acquati, autrice principale della ricerca – abbiamo scoperto che per le donne che hanno una relazione le probabilità di soffrire disturbi nell’intimità cresce nel tempo, mentre per gli uomini le difficoltà aumentano a prescindere dal loro status sentimentale. In entrambi i generi sale anche il livello di stress psicologico. Nel sesso femminile la malattia tende a disturbare soprattutto la propria immagine corporea, l’intimità col partner e quindi la possibilità di fare sesso. Nell’uomo il mix fra disfunzioni fisiche e tensione psicologica complica non poco le cose. In ogni caso i problemi “a letto” peggiorano la qualità di vita delle persone, ma questo tema viene ancora molto poco affrontato dai medici. E i malati troppo spesso si vergognano a fare domande e a esporre le loro necessità».

Quanti ex malati hanno problemi sessuali?

«Lo hanno dimostrato anche ricerche scientifiche – sottolinea Paolo Gritti, presidente della Società Italiana di Psiconcologia (Sipo) – la sessualità è un aspetto centrale della vita e dell’identità di ognuno ed è un importante indicatore di benessere individuale psichico, fisico e sociale. Circa il 60 per cento delle persone che vivono dopo un tumore, senza più segni di malattia, presentano difficoltà della sfera sessuale». Naturalmente è una questione molto soggettiva: alcune persone sono così angosciate per la propria sopravvivenza che ritengono irrilevante ogni altro aspetto. Altre, invece, sono indignate per non aver avuto un’adeguata informazione circa gli effetti a lungo termine dei trattamenti sulla sessualità.

Quali sono le principali preoccupazioni?

«Mantenere la propria attrattiva sessuale – dice Rossana De Feudis, dirigente psicologa all’Unità di Oncologia Medica e Breast Unit del San Paolo di Bari -. Riuscire a preservare la relazione intima col partner. Essere capace di provare desiderio. Riuscire a sentire piacere. Temere che il partner non rispetti i propri tempi. Come in una danza l’atmosfera, il tempo e lasciarsi andare alla musica sono fondamentali per trovare il giusto ritmo insieme all’altro, altrettanto potersi fidare di sè stessi e dell’altro sono fondamentali per preservare l’intimità necessaria alla sessualità. Proprio questi aspetti, però, sono minati dalla malattia, che determina una profonda angoscia, con conseguente stato d’allarme».

Posso avere un’attività sessuale durante le terapie?

«Non ci sono preclusioni purché se ne abbia l’energia, il desiderio e ci si senta a proprio agio – risponde De Feudis, che è anche membro del consiglio direttivo Sipo -. Tuttavia, bisogna tener conto di alcune condizioni, come quando le difese immunitarie sono carenti, quando vengono escreti i farmaci chemioterapici o quando il trattamento implica la contaminazione da radiazioni. A volte può non essere possibile una completa intimità sessuale, ma accarezzarsi, abbracciarsi, baciarsi e coccolarsi possono far sentire la vicinanza e il piacere di stare insieme. L’esito di alcuni tipi di intervento chirurgico (come quelli che interessano gli organi riproduttivi, ad esempio), anche a distanza di tempo, possono determinare dolore durante il rapporto sessuale. È importante essere flessibili e disposti a provare modi alternativi di scambiarsi piacere. Fondamentale è una buona e aperta comunicazione tra i partner».

L’attività sessuale potrebbe aggravare il tumore?

«No, anzi: il contatto intimo e il piacere derivanti dall’attività sessuale, i sentimenti di amore, tenerezza e affetto che ne conseguono possono essere d’aiuto ai pazienti nell’affrontare gli effetti della malattia e dei trattamenti – spiegano gli esperti -. Molte persone riferiscono di sentirsi depresse, scoraggiate o spaventate quando si ammalano, per cui l’affetto e l’accettazione da parte del partner possono essere di grande aiuto».

Se la paziente è donna: quando è opportuno evitare i rapporti sessuali?

I rapporti sessuali non causano il cancro, né il cancro è contagioso. Tuttavia, in alcune circostanze è opportuno avere delle cautele. «E’ bene che le donne che si sono sottoposte alla chirurgia in sede pelvica evitino i rapporti completi nel periodo immediatamente successivo l’intervento – risponde Patrizia Pugliese, responsabile Servizio di psicologia all’Istituto Tumori Regina Elena di Roma-. L’intervallo che deve trascorrere prima di riprendere l’attività sessuale varia enormemente a seconda del tipo di intervento e della rapidità della ripresa individuale. L’indicazione è sempre di parlarne dettagliatamente col proprio chirurgo, oncologo, medico curante. Alcuni tipi di tumore (della cervice e della vescica, per esempio) possono causare perdite ematiche vaginali o visibili nell’urina. Se questo fenomeno peggiora dopo il coito, allora è opportuno non avere rapporti fino a che un trattamento non avrà risolto il problema. Inoltre è opportuno usare il preservativo durante e alla fine della chemioterapia, perché può prevenire eventuali sensazioni di bruciore alla vagina riferiti da alcune donne che possono dipendere dal contatto con il liquido seminale».

Se il paziente è uomo: quando è opportuno evitare i rapporti sessuali?

Le stesse cautele valgono per gli uomini, se hanno subito un intervento nell’area pelvica (retto, ano, vescica, testicoli o prostata). «Sarà necessario aspettare che le ferite si siano ben rimarginate – sottolinea De Feudis -, o che siano state superate le irritazioni dovute a eventuali trattamenti radioterapici. Durante la chemioterapia va evitata la penetrazione (se c’è una piastrinopenia) altrimenti è bene usare un preservativo per proteggere la partner dalla possibile “eliminazione” di farmaci chemioterapici con l’eiaculazione. Ovviamente la presenza del dolore è la prima controindicazione. A volte, però, si possono innescare meccanismi psicologici di “paura della prestazione” che sono altrettanto negativi. Se l’intervento ha inciso sulla capacità erettile, non ne risente solo la prestazione sessuale, ma anche l’autostima e la relazione di coppia. Può essere utile cercare un counselling psicosessuale da subito, per affrontare la ripresa da tutte e tre queste prospettive, integrandole».

Esistono delle posizioni consigliate per fare l’amore dopo il cancro?

«Dipende molto da quale parte del corpo è stata colpita dalla malattia – dice Pugliese, che è autrice del libretto Sessualità e Cancro, realizzato dall’Aimac -. Se si tratta della zona pelvica della donna, ci vorranno pazienza e delicatezza per provare quali sono ora le posizioni che danno più soddisfazione ad entrambi i partner. Altrettanto vale secondariamente ad un intervento di mastectomia per tumore al seno, quando alcune donne affermano di non volere che il peso del partner gravi su di loro. In questi casi fare l’amore fianco a fianco o con la donna sopra è preferibile. Il rapporto anale, invece, comporta un rischio più elevato di emorragie e infezioni, che possono essere aggravate quando le difese immunitarie sono ridotte a causa della terapia antitumorale. Alcuni uomini operati di prostatectomia trovano più facilitante al mantenimento dell’erezione una posizione eretta o carponi. La maggior parte delle coppie, comunque, riscontra che affrontando insieme il problema riesce a individuare quali sono le posizioni più adatte».

Come incide la malattia sul desiderio sessuale?

Spesso, dopo aver superato la fase più critica, il vissuto prevalente è il dolore per la perdita della qualità di vita pre-diagnosi, della spensieratezza, dell’integrità del proprio corpo. Non sono solo i trattamenti ad incidere sugli ormoni e sul desiderio, ma anche lo stato dell’umore. È importante, perciò, saper riconoscere questa fase di “lutto” e poterla elaborare, se possibile, anche insieme al partner.«Meglio riprendere gradualmente la sessualità rispettando i tempi ed i desideri di ciascuno – suggerisce Gritti, che è professore associato di Psichiatria alla Seconda Università di Napoli -. Prolungare i preliminari può essere un buon punto d’inizio. E poi parlare più apertamente con il partner degli aspetti connessi con la sessualità e delle difficoltà riscontrate, per sperimentare nuovi comportamenti e sensazioni».

Nessuno ne parla e io provo imbarazzo: che fare?

Il sesso è un argomento imbarazzante per molti e i problemi della sfera sessuale sono comuni anche tra chi non ha avuto il cancro. Ma se si hanno difficoltà (secchezza o atrofia vaginale, irritazione, dolore e disfunzione erettile sono fra i più frequenti) è bene chiedere informazioni all’oncologo, al proprio medico di base o magari a uno specialista, che potrà dare un aiuto concreto. Esistono soluzioni mediche sia per gli uomini (rimedi contro la disfunzione erettile quali cialis, viagra, iniziezioni di Caverjet) che per le donne (creme, unguenti, gel o laser), che vanno stabilite in base alla singola persona.Se se ne sente il bisogno, anche un sostegno psicologico può essere utile per superare momenti difficili: l’importante è uscire dal silenzio e rompere il tabù.

Il punto di vista del partner «sano»: cosa evitare?

«Il partner non deve venir confinato al solo ruolo assistenziale – spiega De Feudis -, ma deve riconoscere il proprio diritto a ricevere un aiuto per esprimere i suoi bisogni senza ledere il paziente, nella prospettiva di migliorare il rapporto di coppia e l’autostima di entrambi». Studi recenti hanno dimostrato che il modo in cui il partner reagisce alla malattia del paziente dipende dalla natura della loro relazione intima. Affrontare insieme la crisi può rinsaldare il legame. Altre volte, invece, può sfaldarlo, specie se anche il partner ha bisogno di conferme e vive l’indisponibilità sessuale del paziente come un rifiuto. Oppure fugge o si trincera nell’isolamento perché troppo spaventato dalla malattia.

Meglio aspettare o «forzare» delicatamente?

Quando si è al dunque, le incertezze sono molte: cosa deve fare il partner “sano”? Meglio provare ad avvicinarsi, insistere con delicatezza, affrontare il tema e rompere il tabù se l’altro tace? Oppure aspettare segnali? E se, invece, il malato si sente pronto e il partner sano “sfugge”? Quali consigli pratici? «Supposizioni o timori inespressi sono sempre fonte di malintesi – sottolinea Gritti -. Anziché isolarsi o rimuginare, chiedere le motivazioni del paziente (che potrebbero, ad esempio, derivare da sensazioni di disagio rispetto a se stesso) può servire ad avviare un dialogo aperto. Quando, invece, il partner si ritrae o fugge perché troppo spaventato dalla malattia, può diventare difficile per il paziente che deve “fare i conti” con gli esiti della malattia e con l’abbandono dell’altro. In tal caso, una consulenza psiconcologica potrebbe aiutare a comprendere in che modo la malattia sta condizionando il rapporto di coppia e se ci sono risorse per superare la difficoltà».

Cambiamenti corporei, emozionali e psicologici: come ri-conoscersi?

 

Gli effetti dei trattamenti chirurgici, chemioterapici e radioterapici sul fisico possono condizionare pesantemente le prestazioni sessuali e l’autostima. In alcune circostanze la chirurgia plastica può consentire un certo recupero della propria immagine, ma a volte il risultato è insoddisfacente. «In ogni caso, è fondamentale una ricostruzione anche sul piano psicologico, che aiuti ad aver cura di quella parte di sé e del proprio corpo, che ne testimonia la sofferenza – sottolinea De Feudis -. Soprattutto, è importante essere tolleranti e, piuttosto che sentirsi frustrati per l’impossibilità di riprendere le abitudini precedenti, ci si consenta di esplorare nuovi modi per dare e ricevere piacere».

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